Il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne non cessa con la maggiore età.
La titolarità del diritto al mantenimento spetta sia al figlio maggiorenne sia al genitore convivente anticipatario delle spese. Di fatto, non serve stabile coabitazione, ma che il figlio rientri nella abitazione dei genitori. In tali casi la quota parte del mantenimento deve essere a lui corrisposta dall’altro coobbligato; per la predisposizione di una stabile organizzazione domestica.
Il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne rientra nei diritti doveri ricollegati alla responsabilità genitoriale (https://avvocatoansidei.it/la-responsabilita-genitoriale/).
Tale diritto è connesso al percorso educativo e cessa con la conclusione del eprcorso formativo. Occorre specificare sulla base della casistica offerta dalle numerose pronunce.
In particolare, il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento del progetto educativo.
Infatti, numerosi Tribunali hanno definito l’indipendenza economica non solo in termini di completa autosufficienza, ma anche raggiungimento di adeguata capacità che determina il venir meno della corresponsione. Il genitore per smettere di essere obbligato deve provare che il figlio è stato posto nelle condizioni di raggiungere l’indipendenza, senza averne tratto un utile profitto. Viene individuata spesso la “colpevolezza” del figlio maggiorenne che, nonostante le opportunità offerte dai genitori, non si è impegnato per la ricerca di una soluzione lavorativa. L’obbligo permane però quando il genitore obbligato prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza, percependo un requisito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali condizioni di mercato, o si sottragga volontariamente allo svolgimento di una atitvità adegiata.
Altro caso può essere rappresnetato dal figlio che, laureato, necessità di iscriversi a scuola di specializzazione. Non vi è in questo caso colpevole incapacità di sostentamento. Altro esempoio riguarda l’aver iniziato attività lavorativa nel settore di studio prospetta di poter affrontare le normali esigenze di vita. Se poi, il figlio ha espletato una attività lavorativa, il diritto di un genitore ad ottenere dall’altro l’assegno di mantenimento decade.
Per quanto riguarda gli aspetti processuali, la legittimazione è del figlio maggiorenne e del genitore convivente che provvede materialmente alle esigenze economiche anticipandole. Ad ogni modo è il genitore interessato a dover provare la decadenza dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne. Dovrà provare che svolge una attività lavorativa, o che il suo atteggiamento di inerzia lo renda ancora dipendente dai genitori. Si deve tenere conto nel giudizio, non solo del caso concreto, ma della situazione di mercato, percorso di studi e settore specifico.
Non è infatti possibile prefissare un astratto termine temporale cui ancorare l’obbligo del geniotre; ben può lo stesso provare però anche in via presuntiva di aver posto il figlio in condizione di raggiungere l’indipendenza economica. Vanno infatti evitate forme di parassitismo in danno di genitori anche anziani e allo stesso tempo bilanciare il diritto al mantenimento dei figli in una società che non consente di entrare agevolmente e stabilmente nel mercato del lavoro.
“Oltre una certa età, individuabile in quella necessaria per completare gli studi ed acquisire tutte le specializzazioni necessarie per accedere ad un’attività professionale confacente le proprie additudini e idonea a permettere la piena realizzazione personale permane nei limiti della ragionevolezza solo ove sia accertato che la persistenza del mantenimento sia funzionale a specifici obiettivi, trasformandosi altrimenti in qualcosa assimilabile a ina ingiustificata rendita permanente. Inoltre oltre tale età non si può presumere che sia il genitore a dover dimostrare che il figlio abbia raggiunto l’autosufficienza essendo più confacente al principio di autoresponsabilità che sia il figlio a dover dimostrare che vi sono valide ragioni per il persistere del suo sostentamento (nella fattispecie il figlio aveva acquistato un’automobile di non modesto valore il che legittimava la presunzione, avuto riguardo ai redditi della madre convivente, che per un periodo avesse lavorato”. Così il Tribunale di  Perugia, sent. 1082 2018.

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