E’ possibile sanzionare il genitore (709 ter c.p.c. Inadempimento del genitore), ai sensi dell’art. 709-ter cpc, per non aver rispettato le prescrizioni impartite dal giudice? Le sanzioni previste dalla norma possono essere disposte unitamente alla determinazione di una somma di denaro da doversi corrispondere, che ha una diversa finalità. I due istituti possono coesistere, allo scopo di  tutelare e garantire il rispetto del principio di bigenitorialità.

Quali sono i rimedi avverso le condotte ostruzionistiche di un genitore che impediscono di garantire il rispetto del diritto alla bigenitorialità (Bigenitorialità. Prospettive di riforma)

Le indagini dei tribunali di merito e non solo analizzano comportamenti ostacolanti. Ovvero ad esempio provvedimento ablativo della responsabilità genitoriale della madre, che aveva impedito per anni qualsiasi contatto con il padre. Comportamenti violenti di fronte ai figli. Mancato rispetto del calendario di visite.

E relativa domanda di risarcimento del danno  a seguito dell’accertata violazione delle prescrizioni giudizialmente impartite.

Spesso sono disposte CTU e si procede  all’ascolto il minore. Talvolta è emerso un netto rifiuto del figlio di incontrare il padre.

La disfunzionale dinamica dei rapporti familiari a volte comporta una “radicalizzazione” del rifiuto del figlio. E manca materialmente la  possibilità di individuare interventi efficaci e/o risolutivi per recuperare la relazione con il padre o comunque con il genitore svantaggiato.

Non si può coartare la volontà di un minore “palesemente ostile”, per i rischi connessi.

Di fronte ad un atteggiamento di totale chiusura dei figlio divenuti ormai adolescenti, nonostante l’accertato condizionamento materno il giudice ha ritenuto rispondente all’interesse del minore non imporre forzatamente una frequentazione. Piuttosto, ha individuato  degli interventi che consentissero al ragazzo di recuperare fiducia nel padre, per arrivare poi in modo graduale ad un riavvicinamento.

Il diritto alla bigenitorialità deve essere garantito tenendo conto anche delle conseguenze che la decisione che si va ad assumere avrà sulla vita del minore. Comprese le eventuali ripercussioni che “una brusca e definitiva sottrazione dello stesso dalla relazione familiare con la madre, con la lacerazione di ogni consuetudine di vita sull’assetto cognitivo” può comportare sull’assetto cognitivo della prole (nello stesso senso Cass. civ. sez. I, 5 agosto 2024).

Nel caso di specie era stato confermato l’affidamento al servizio sociale. Al quale è stata delegata l’assunzione delle decisioni più rilevanti, con una consistente limitazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale.

Tra le misure che le autorità debbono considerare – come richiesto dai principi CEDU in ordine all’effettività del principio di bigenitorialità – potrebbe essere efficace l’utilizzo delle sanzioni  economiche ex art. 709-ter c.c. nei confronti di quel coniuge il quale dolosamente o  colposamente si sottragga alle prescrizioni impartite dal giudice.

E’ possibile sanzionare il genitore?

L’art.709-ter c.p.c. dispone che il giudice possa disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell’altro anche individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento del giudice costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza ai sensi dell’articolo 614-bis” (comma 2 n. 3)).

La Suprema Corte ha confermato che si tratta di misure adottate unitamente ad una statuizione giudiziale. La ratio è  prevenzione indiretta e precisa che le “sanzioni” previste dai numeri 1) e 2) del comma 2 dell’art. 709 ter c.p.c. presuppongo che una violazione sia già accertata. Mentre nell’ipotesi prevista dal numero 3) la violazione non si è ancora verificata. Pur sussistendo  elementi che possono far ritenere che la decisione del giudice potrebbe non essere rispettata.

Il caso si riferisce ad  una criticità frequente.  La circostanza è confermata dal fatto che il legislatore, con la recente riforma, ha ritenuto opportuno prevedere all’art. 473-bis. 6 c.p.c. una specifica disposizione (“Rifiuto del minore a incontrare il genitore”) che dispone che il giudice proceda all’ascolto del minore “senza ritardo” e assuma “sommarie informazioni sulle cause del rifiuto” .

La norma recentemente introdotta dimostra che vi è piena consapevolezza della necessità di intervenire rapidamente, per evitare che situazioni pregiudizievoli per la prole possano cristallizzarsi e divenire di fatto irreversibili.

A volte neppure la massima sanzione possibile  è riuscita ad arginare la condotta ostacolante di uno dei genitori.

Risulta particolarmente rilevante il riferimento al fatto che il diritto alla bigenitorialità sia un diritto del minore prima ancora dei genitori.

L’ordinanza della Cassazione n. 32290/2023 offre importanti chiarimenti sugli interventi che il giudice può adottare in contesti di separazione, divorzio e affidamento. Distinguendo tra il sostegno alla famiglia e gli interventi ablativi della responsabilità genitoriale.

  1. Sostegno e supporto alla famiglia: Gli interventi mirano ad ampliare le risorse per il benessere del minore, senza alterare i diritti dei genitori. Si cerca un accompagnamento per i genitori da parte di terzi (es. servizi sociali) per aiutarli a svolgere i loro compiti, mantenendo il diritto di autodeterminazione. Questo tipo di intervento è descritto come “accrescimento o addizione” delle risorse.

  2. Interventi ablativi della responsabilità genitoriale: In alcuni casi, il genitore può essere ritenuto incapace di assolvere ai propri compiti, e quindi parte delle sue funzioni possono essere trasferite a terzi. Qui si tratta di “sottrazione” di alcune competenze genitoriali.

La dottrina e le scienze psicologiche e neuropsichiatriche sostengono la necessità di mantenere separate queste due tipologie di intervento. Le loro finalità e modalità sono differenti. Tuttavia, nella pratica, spesso i servizi sociali si trovano a gestire compiti sia di supporto che di controllo, il che può creare confusione.

Quando tali interventi risultano inefficaci o insufficienti, la giustizia può ricorrere a sanzioni. In particolare, l’art. 709-ter c.p.c. e l’art. 614-bis c.p.c. (ora 473-bis.39 c.p.c.) permettono di attuare misure coercitive per far rispettare i diritti dei minori, specialmente nel contesto della bigenitorialità, e di assicurare l’effettività dei provvedimenti del giudice.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha sottolineato più volte l’importanza di intervenire rapidamente e in modo efficace nei casi di rifiuto immotivato da parte di un genitore di consentire l’accesso all’altro, per proteggere i diritti relazionali. La recente riforma ha introdotto misure per facilitare un intervento rapido, tra cui l’art. 473-bis.39 c.p.c., che conferisce al giudice il potere di modificare i provvedimenti già adottati, ammonire il genitore inadempiente, e applicare sanzioni, anche amministrative. La condanna al risarcimento danni può inoltre essere utilizzata come deterrente per evitare il persistere di situazioni dannose per i minori coinvolti.

In sintesi, l’intervento tempestivo e le misure coercitive sono strumenti essenziali per garantire il rispetto delle decisioni del giudice e per evitare che i conflitti familiari danneggino il benessere dei figli.

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