L’ex convivente ha diritto al rimborso delle spese sostenute per  la costruzione della casa familiare? Chi ha immesso denari può richiedere tali somme indietro? Ha diritto alla contestazione o comunque ad una quota pari al contributo? La Cassazione civile in una recente pronuncia ha stabilito perché il rimborso sia giustificabile devono esistere alcuni presupposti. In particolare, l’accertamento sulle somme versate dall’ex coniuge è incentrato sulla verifica della causa. Cioè se tali somme siano state versate per realizzare la casa familiare e per un divenire comune. Colui che non intende restituirle dovrà provare che l’importo richiesto dall’ex convivente era riferibile ad un pagamento avvenuto con differente causale. Diversamente dovrà essere reintegrato il patrimonio.

Precedente giurisprudenza faceva rientrare le spese devolute in favore della famiglia, della costruzione della casa familiare e dei progetti comuni nelle c.d. obbligazioni naturali. Pertanto la caratteristica prettamente morale della restituzione non fa insorgere un obbligo di restituzione. La Costituzione (https://www.senato.it/1025?articolo_numero_articolo=29&sezione=121) riconosce il dovere di contribuzione derivante dal vincolo della solidarietà familiare (Diritto della Famiglia e Minori) anche tra le coppie conviventi. Quindi, quando le somme sono congrue e rappresentato adempimenti doverosi nel rapporto affettivo non vige la restituzione, anche se proporzionate. Tuttavia, vi è la possibilità di dimostrare che si tratti di un prestito, con obbligo di restituzione. La prova, oltre che mediante la produzione della scrittura privata che regolamento le spese può essere data con altri mezzi (tipo messaggi, WhatsApp..)

L’ingiustizia dell’arricchimento si ha nel caso di prestazioni che siano a vantaggio di un solo convivente, estranee al mero adempimento degli obblighi e quindi che vadano quindi oltre i parametri della proporzione e adeguatezza.

Il caso.

Chi infatti ha sborsato somme per acquisto e miglioramento del bene utilizzato per la vita comune, proponeva di solito azione di ingiustificato arricchimento. Tale azione si basava sul fatto che tali esborsi non erano tesi a soddisfare le esigenze concrete familiari o che in qualche modo superavano i limiti di proporzionalità o adeguatezza.

La Cassazione ha stabilito che se “il manufatto rimane nella proprietà esclusiva dell‘ex convivente“, deve essere refuso il rimborso delle somme versate a titolo di concorso nelle spese di costruzione del manufatto; ciò per scongiurare un indebito oggettivo.

L’accertamento si articola sulla verifica dell’impiego durante la convivenza delle somme dell’altro per un importo relativo al 50% del costo di edificazione; se esiste una scrittura privata tra le parti; se lo scopo è quello convenuto familiare. Ad ogni buon conto, anche nel caso di convivenza o comunque di impiego di somme per beni la cui proprietà non sia intestata ad entrambi è consigliabile quanto opportuno rivolgersi ad un professionista per regolamentare (CONTRATTI di CONVIVENZA) la questione prima di avere difficoltà nel recupero delle somme o addirittura nella impossibilità effettiva di recuperarle.

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