Il diritto all’oblio è una particolare espressione del diritto alla riservatezza e consiste “nell’interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia”.
Esiste quindi il diritto a non rimanere prigionieri del proprio passato. Bisogna però distinguere per le notizie già pubblicate e quelle che assumono rilevanza sociale.
Per dimostrare un nuovo interessa riguardo una notizia, e quindi riproporla a distanza di anni, superando il diritto all’oblio, occorre che il fatto già noto sia tornato attuale.
Nello specifico deve sussistere una “rinnovata utilità sociale alla pubblicazione”.
Questo può accadere quando sopraggiungono fatti nuovi e integrativi rispetto a quanto già conosciuto. In mancanza di interesse a ricevere nuovamente l’informazione si contrappone il diritto all’oblio: la legittima aspettativa della persona ad essere dimenticata.
Il decorso del tempo obbliga in ogni modo l’aggiornamento dei dati e permette alla persona di ricostituire la propria considerazione sociale.
Quella data informazione o notizia potrebbe aver distrutto la reputazione a causa della esposizione delle vecchie notizie.
Se tali informazioni vengono ripubblicate occorre trovare un equilibrio tra cronaca e oblio.
Nel Regolamento UE n. 2916/679 il diritto all’oblio trova un riconoscimento normativo: trova fondamento nell’art. 11, comma 1, lett. e del Codice Privacy (https://avvocatoansidei.it/il-nuovo-codice-privacy/Il concetto di privacy assumeva tradizionalmente il significato di vita provata mentre oggi si sono aggiunte nuove dimensioni di tutela, connesse agli abusi nella raccolta e utilizzazione delle informazioni personali. L’avvocato Carolina Ansidei di Catrano, si è occupata nello specifico verificare se il titolare di trattamento dei dati personali che ha conservato comunque i dati personali di un cliente ha violato il diritto all’oblio. Tenuto conto degli obblighi di legge e della tecnologia disponibile, in taluni casi è lecita l’ulteriore conservazione dei dati; ad esempio, per motivi di interesse pubblico o per l’esercizio di un diritto in sede giudiziaria.

Viene stabilito che l’interessato ha diritto ad ottenere dal titolare del trattamento, la cancellazione dei dati personali che lo riguardano, senza ritardo e se sussistono i motivi di cui alla normativa. Ad esempio, se i dati non sono più necessari alle finalità per le quali sono stati raccolti. Il diritto all’oblio, si inquadra tra i diritti della personalità nel sistema di generale protezione della persona umana che emerge dalla Costituzione.
Si tratta infatti di disposizioni a fattispecie c.d. “aperta” in quanto esiste un vero e proprio diritto soggettivo perfetto alla reputazione personale anche al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge ordinaria.  Si profila sempre di più una casistica variegata. Un recente sentenza della cassazione esamina il caso di un giornalista che riferisce nel corso di un servizio televisivo che una persona, sospettata di omicidio, è stata sottoposta all’esame del DNA senza però precisare l’esito negativo del test. Ecco in tale ipotesi si va a ledere l’immagine e la reputazione della persona interessata e il suo diritto all’oblio.

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