Il Tribunale per i Minorenni di Milano (https://www.regione.lombardia.it/wps/wcm/connect/891d47d1-3a3a-4aaf-9d58-b35a44b3cc86/burl-seo7-19-02-2016.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=ROOTWORKSPACE-891d47d1-3a3a-4aaf-9d58-b35a44b3cc86-lzknxQu) ha indicato le linee guida in caso di allontanamento minori e famiglie in difficoltà.

Le “Linee guida per la promozione dei diritti e delle azioni di tutela dei minori (I criteri di affidamento dei figli minori)con la loro famiglia” rappresentano una sintesi di norme vigenti. Metodologie e prassi professionali e sono il frutto della lettura multidisciplinare e condivisa delle c.d. buone prassi.

Queste linee guida cercano di essere uno strumento metodologico per uniformare le prassi. garantire la tutela dei minori.

Principalmente, le linee guida hanno l’obiettivo di:

  • favorire l’omogeneità delle azioni di tutela per i minori sul territorio regionale;
  • garantire maggiore efficacia degli interventi rispetto ai bisogni dei minori e delle famiglie in difficoltà
  • promuovere la conoscenza degli strumenti e delle prassi di intervento;
  • integrare le banche dati dei diversi soggetti;
  • rendere maggiormente efficace la collaborazione tra i diversi attori istituzionali.La Corte di Appello di Milano ha stabilito che va confermato il decreto di allontanamento emesso dal Prefetto per motivi afferenti la pubblica sicurezza qualora nonostante la presenza di legami famigliari e le conseguenti responsabilità genitoriali (Limitazioni della responsabilità genitoriale) il richiedente non abbia evitato di reiterare gravi condotte delittuose. Invero il diritto all’unità familiare. In particolare la presenza di figli minorenni cede di fronte all’interesse superiore dell’ordine e della sicurezza pubblica. Considerato preponderante e prevalente rispetto all’esigenza della tutela del nucleo familiare e dell’unità della famiglia. Tra le altre, una pronuncia che tiene conto delle sinergie tra gli attori istituzionali.

    a. quadro normativo

    In materia di provvedimenti che riguardano i minori, l’attuale cornice normativa, come modificata dalla legge n. 54/2006 e d.lgs. n. 154/2013, stabilisce il primario diritto del minore alla bi-genitorialità.

    L’art. 155, comma 3, c. c. obbligava il giudice a considerare l’affidamento condiviso come soluzione prioritaria, esiliando l’affidamento cosiddetto monogenitoriale ad ipotesi eccezionali.

    L’art. 337-ter, introdotto dal D.Lgs. n. 154/2013, conferma così il ruolo residuale dell’affidamento esclusivo che il giudice può disporre “qualora ritenga, con provvedimento motivato, che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore».

    La giurisprudenza della Suprema Corte ha più volte ribadito che i provvedimenti che dispongono l’affidamento esclusivo devono essere specificatamente motivati dal giudice che li adotta. Sia in ordine al «pregiudizio potenzialmente arrecato ai figli da un affidamento condiviso» sia “all’idoneità educativa o alla manifesta carenza dell’altro genitore”.

    In particolare, in positivo, ha riconosciuto che esso è rinviabile in tutte quelle situazioni idonee ad alterare o porre in pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico del minore; in negativo, la Corte, analizzando una delle ipotesi più ricorrenti nei giudizi di famiglia, ha statuito che il pregiudizio per il minore non può risolversi nell’indicazione di una conflittualità fra figlio e genitore o fra genitori, non essendo questa sufficiente a rimuovere il diritto alla bi-genitorialità per il minore né lo simmetrico dovere di responsabilità genitoriale che esiste in capo al genitore.

    I provvedimenti che riguardano i minori devono rifarsi al  best interest of the child. Ovvero alla come “protezione del miglior interesse del bambino”, stabilito dalla Convenzione di New York.

    Anche le “Linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di minore”,  intendono il superiore interesse del minore come ricerca di una soluzione contingente.

    Il provvedimento adottato deve garantire l’effettiva attuazione in concreto dell’interesse reale di “quel” minore; rispetto a quel provvedimento.

    In una sorta di scalata di ascendente di “gravità” del provvedimento adottabile, con conseguente, aggravato, onere motivazionale da parte del giudice, il regime dell’affidamento c.d. super esclusivo si colloca al gradino più alto di tutela, ed insieme di residualità.

    L’inciso che ha aperto un pertugio alla creazione giurisprudenziale della figura del c.d. affidamento esclusivo rafforzato è quel «salvo che non sia diversamente stabilito», inserendo prima della disposizione per cui “le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori”, di cui all’art. 337-quater c.c. che afferma la derogabilità giudiziaria di affidamento esclusivo, in favore di uno ancora più stringente.

    Preme ricordare che il regime di affidamento esclusivo lascia, infatti, comunque in capo al genitore non affidatario la possibilità di adottare, insieme al genitore affidatario, le decisioni di maggior importanza per i figli.

    La clausola di riserva sopraccitata, invece, permette al genitore “affidatario rafforzato” di adottare, di fatto, tutte le decisioni relative ai figli, senza la consultazione, né tantomeno il consenso, dell’altro genitore.

    Nell’applicazione dell’art. 337-quater c.c. ha fatto scuola il Tribunale di Milano, seguito poi da altra giurisprudenza di merito.

    Il Tribunale di Milano, con un’ordinanza ex art. 708 c. p. c, ha disposto che al genitore affidatario competano in esclusiva anche le decisioni di maggiore importanza inerenti il figlio minor. In base ovviamente alle sue capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni.

    Le ipotesi alle quali tale istituto è stato applicato sono residuali e marginali.

    Era stato applicato nel caso del padre di un bambino che era risultato totalmente inidoneo a rivestire la figura genitoriale. Il papà viveva in uno stato estero. Si era disinteressato sia del figlio che delle vicende giudiziarie che lo vedevano coinvolto. Utilizzando il figlio come motivo di ritorsione nei confronti della moglie. Oltre episodi di Vicenza verso la madre del bambino e disinteressandosi del mantenimento.

    Alla luce di tali elementi è stato ritenuto prevalente l’interesse del bambino ad avere un solo centro decisionale tempestivo e funzionante. Rispetto alla bi-genitorialità.

    Si rammenta che il  regime di affidamento esclusivo rafforzato, è necessario ricordare che esso non priva del tutto il genitore non affidatario della propria responsabilità genitoriale.

    Secondariamente, è – altresì – importante evidenziare che il giudice, nel determinare il regime di affidamento dei minori deve necessariamente tener conto del preminente interesse del minore.

    Il genitore non affidatario ha comunque il dovere di continuare a contribuire al mantenimento del figlio.

    Ci si deve chiedere cosa residui della responsabilità genitoriale in capo al genitore non affidatario. E se tale regime non rappresenti una sorta di decadenza dalla responsabilità genitoriale.

    Sul punto interviene lo stesso art. 337 quater c. c. che affida al genitore non affidatario un compito di vigilanza. Inoltre ha la possibilità di adire il giudice, laddove ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli per i figli.

    b.conclusioni

    Lo stesso legislatore ha ritenuto di dover porre dei limiti alla strumentalizzazione del regime di affidamento esclusivo. Se la domanda risulti manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante. Così da  adottare provvedimenti nell’interesse dei figli.

    E’ necessario costruire linee guida per uniformare le decisioni e contrastare strumentalizzazione del minore all’intento del conflitto.

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