La successione del coniuge separato è una situazione che impone diverse riflessioni. L’art. 540, II comma, c.c., individua i diritti del coniuge in materia di successioni; il coniuge  separato senza addebito gode dei medesimi diritti del coniuge non separato?
La Cassazione stabilisce che in caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza si incontra la prima difficoltà. La difficoltà nella individuazione della residenza familiare. L’impossibilità di individuarla fa venir meno il presupposto oggettivo richiesto per il diritto di abitazione e di uso della casa familiare. Il diritto di abitazione ed uso sussistono in relazione alla casa adibita a residenza familiare; ma, in caso di separazione dei coniugi, di fatto la convivenza cessa. E’ necessario analizzare i vari orientamenti. La dottrina è divisa. Una parte accoglie l’ipotesi restrittiva per cui la separazione non esclude l’esistenza di una comune residenza, sul presupposto che ciò non significhi coabitare.
Altra parte individua nella residenza familiare quella che fu comune e nella quale il coniuge superstite si trova al momento dell’apertura della successione. Infine un’altra posizione individua un criterio funzionale: la destinazione della casa familiare non implica per forza il perdurare della convivenza e la stessa  non viene meno per il solo fatto della separazione.
Ad ogni buon conto, qualora si ritenga di dover applicare l’art. 540, co. II, c.c., anche a beneficio del coniuge separato senza addebito, il fondamento dell’attribuzione del diritto di abitazione è di garantire il godimento della casa anche con sacrificio della disponibile.
Se il coniuge ha ricevuto per testamento la casa familiare non serve imporre al terzo un sacrificio strumentale al coniuge stesso.
Quindi, il diritto di abitazione e di uso, sono stati posti a carico della disponibile fino alla concorrenza del suo valore. Ciò al fine di tutelare l’interesse morale del coniuge a conservare il tenore di vita senza che ciò vada a scapito della sua quota di legittima o comporti conguagli. Chissà se i nuovi orientamenti sul diverso concetto di tenore di vita (Assegno divorzile, nuova quantificazione) imporranno una diversa lettura?
Si rende quindi necessario compare le due entità e capitalizzare i diritti di godimenti. Come si determina quindi la legittima del coniuge? Va calcolata solo quella parte che eccede la legittima quota del coniuge per evitare duplicazioni. Il valore del bene immobile ad esempio già contiene in se il diritto di abitazione e d’uso.
Per calcolare correttamente la quota del coniuge, la stessa va calcolata sulla massa che rimane dopo la deduzione del valore capitale dei due diritti. Si comprende bene che non vi sono automatismi.

Altre considerazioni saranno svolte per il coniuge separato con addebito e per convivenze ore uxorio.

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