Il 14 dicembre 2017, con 8 articoli, è stato approvato il provvedimento su c.d. biotestamento: l’argomento “eticamente sensibile”, prevede la possibilità per il testatore di pronunciarsi anticipatamente per questioni relative ad es. alla donazione degli organi, cremazione, terapia del dolore fino.

In particolare l’art. 1 prevede: “nel rispetto dei principi di cui agli articoli 2,13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1,2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignita’ e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario puo’ essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”.

In previsione di una futura eventuale incapacità di autodeterminarsi, è possibile esprimere anticipatamente il consenso o il rifiuto rispetto a trattamenti sanitari, terapie ed esami diagnostici.

(Possono compierle le persone maggiorenni e capaci di intendere e di volere.)

Si parla, infatti, anche di DAT, di disposizioni anticipate di trattamento; ad ogni modo ogni consenso anticipato deve intendersi “informato”.

E’ necessario quindi che tali disposizioni abbiano una chiarezza di forma e sostanza, pur essendo possibile esprimere solo verbalmente la propria volontà, in modo che il testatore abbia la certezza che quanto espresso possa essere rispettato e non vada contro le norme di legge previste dal nostro ordinamento.

Quindi, prendiamo in considerazione gli aspetti pratici: la dichiarazione

può essere espressa con atto pubblico o scrittura privata autenticata oppure con scrittura privata semplice, consegnata all’ufficiale dello stato civile del proprio Comune di residenza o alle strutture sanitarie“.

E’ necessario specificare un fiduciario che darà seguito alle volontà.

 

Non esiste un format di scrittura, ma perché sia valida ed efficace è necessario che si conformi al c.d. consenso informato; sarà quindi necessario modularla a seconda delle intenzioni di ciascuno.

 

Le DAT « devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente medesimo ». Qualora le condizioni fisiche del paziente non consentano il rispetto di queste formalità le DAT potranno essere espresse attraverso sistemi di « videoregistrazione o dispositivi che consentono alla persona con disabilità di comunicare ». Con le medesime forme, prosegue la norma, « sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento ». Inoltre, nei casi in cui ragioni di emergenza ed urgenza impedissero di procedere alla revoca delle DAT con queste forme, la disposizione consente di effettuare la revoca con dichiarazione verbale raccolta o videoregistrata da un medico, in presenza di due testimoni.

E’ sancita la vincolatività delle DAT per il medico che può disattenderle, in tutto o in parte, in accordo con il fiduciario qualora « appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita ».

Un ulteriore limite indiretto alla vincolatività delle DAT si determina con riguardo alle situazioni di emergenza o di urgenza nelle quali prevede che il medico e i componenti dell’équipe sanitaria assicurino le cure necessarie « nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla ».

La clausola di salvaguardia, se intesa correttamente, non potrà sminuire il valore della volontà manifestata, ora per allora, dal soggetto, rispondendo unicamente all’esigenza di non ostacolare la tempestività degli interventi salvavita indifferibili da effettuare immediatamente nelle particolari situazioni alle quali la norma si riferisce; situazioni evidentemente connotate da un’urgenza tale da impedire, di norma, al medico l’acquisizione del consenso del paziente, così come l’esame preventivo di DAT eventualmente rilasciate dallo stesso.

Una caratteristica intrinseca ed ineliminabile delle disposizioni anticipate di trattamento, che determina ingiustificati atteggiamenti di diffidenza verso lo strumento, consiste nel fatto che l’autore può essere — oltreché un soggetto malato, che tuttavia non si trovi in condizioni così gravi da giustificare una pianificazione condivisa delle cure — una persona sana, la quale non può che prefigurarsi in via astratta una futura infermità. È ovvio che tale situazione è ben diversa da quella nella quale versa chi vive, magari da anni, una condizione di malattia che, durante il suo decorso, consente al paziente di apprezzare e conoscere, in via esperienziale, gli effetti che la patologia determina sulla propria condizione personale di vita. Tuttavia, non si tratta di un aspetto dirimente in quanto le dichiarazioni anticipate di trattamento mirano a fornire un ulteriore strumento di tutela della persona in situazioni in cui l’attualità del consenso, come tradizionalmente intesa, ossia in senso meramente cronologico, semplicemente non può esserci.

Per contro le DAT — sempre revocabili e modificabili — consentono una valutazione, lucida e ponderata su alcune diffuse tipologie di trattamenti sanitari particolarmente invasivi (tra i quali si devono annoverare i sistemi di respirazione, alimentazione e idratazione artificiale) e su alcune drammatiche condizioni di vita (si pensi ad uno stato vegetativo permanente o ad una situazione di totale immobilità della persona privata dalla malattia o da un trauma della capacità di comunicare) che ciascuno ben può prefigurarsi, anche in via prognostica. Tale distacco, in linea di principio, può garantire la corretta formazione della volontà e, dunque, la piena attuazione del principio di autodeterminazione, in maggior misura di quanto accada quando si versa in una condizione che richiede una decisione immediata, la quale potrebbe essere assunta in modo affrettato e sotto una preponderante spinta emotiva (propria o altrui).

Lo strumento, dunque, è estremamente utile e duttile perché consente alla persona di esprimere, con la dovuta ponderazione, le proprie determinazioni, siano esse orientate a prestare, siano esse orientate a negare il consenso a determinati interventi medici e trattamenti sanitari. Non si deve trascurare difatti che, mediante le DAT, ciascuno può, se ritiene, dare indicazioni sia in ordine al rifiuto di cure e trattamenti medici, sia in ordine alla propria volontà di essere sottoposto a tutte le misure disponibili necessarie al mantenimento in vita. La delicatezza delle scelte in questione, semmai, impone un’accurata riflessione individuale sull’opportunità di sottoscrivere DAT e, sciolto affermativamente questo quesito, di farsi coadiuvare nella stesura da professionisti della medicina e del diritto, avendo cura di redigere un documento chiaro e, per quanto possibile, completo circa le proprie determinazioni.

Una delle criticità risiede nelle distinzioni  tra rifiuto di cure e trattamenti medici, accanimento terapeutico, suicidio medicalmente assistito, eutanasia. Tali distinzioni sono talvolta incapaci di esprimere e valorizzare le peculiarità delle situazioni concrete nelle quali i confini tra una fattispecie e l’altra possono divenire davvero impalpabili.

E’ pertanto auspicabile che l’approccio sia equilibrato e pragmatico e che venga messo al centro la libertà individuale e la dignità dell’essere umano e realizzano un buon bilanciamento tra gli interessi e i diritti del malato, da una parte, e la tutela della professionalità del medico e degli operatori sanitari in genere, dall’altra.