Il rispetto della dignità e della personalità di ogni componente familiare costituiscono un diritto inviolabile, la cui violazione determina la inadempienza genitoriale (La responsabilità genitoriale). Tali mancanze spesso danno luogo alla c.d. alienazione parentale. Si tratta di un concetto giuridico e non clinico pertanto occorre tenere presente molti criteri.
In caso di gravi inadempienze o di atti che arrechino pregiudizio ai minori o ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento, possono essere messi in atto i rimedi offerti dal 709 ter c.p.c. (709 ter c.p.c. Inadempimento del genitore).
Per la verifica delle gravi inadempienze il Giudice deve riscontrare ad esempio la mancata corresponsione dell’assegno, violazione del diritto di visita, violenza, ostruzionismo, disinteresse. Insieme a tutte queste ipotesi, può accadere che si verifichi anche la privazione del contatto con l’altro genitore.
Ecco, si parla allora anche della c.d. alienazione parentale. Va precisato però che in sede di Consulenza tecnica d’ufficio, e quindi di prova, non vi è un riconoscimento univoco del fenomeno alienazione parentale. La Giusprudenza in ambito di conclusioni sulla modifica delle condizioni di affidamento dei figli minori, non può basarsi solo sulle risultanze della CTU psicologica. Si incorrerebbe in un vizio di motivazione, soprattutto se la consulenza si basa su teorie scientifiche in fase di elaborazione. E’ necessario per poter parlare di sindrome da alienzazione parentale frutto della inadempienza genitoriale, esaminare gli elementi processuali e probatori dai quali si evince quale sia il reale interesse del minore da tutelare.
Vanno censurate tutte quelle decisioni alle quali si perviene che concedono un affidamento esclusivo (Affidamento esclusivo) del minore richiamando solo la perizia medico psicologica e ignorando gli altri elementi processuali.
Il giudice nel caso in cui l’altro genitore denunci comportamenti di allontanamento morale e materiale del figlio sa sé deve accertare: la veridicità in fatto di suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni. Dovrà inoltre motivare adeguatamente se riscontri l’alienazione parentale.
Queste considerazioni per arrivare a distinguere le modalità operative e le finalità della consulenza. Esiste un confine tra momento diagnostico e la proposta di intervento e risvolti nel processo. Vanno assolutamente evitate le sovrapposizioni di tipo valutativo, tipiche giudiziali, da quelle di trattamento. In tale senso, il codice deontologico diventa il metacontesto nel quale i due livelli trasformativo e valutativo non sono in antitesi.
Il Ctu può creare le basi perché le parti abbiano nuovi elementi per cambiare il proprio assetto rispetto al momento iniziale.
Nella valutazione infatti, il CTU verifica le specifiche competenze dei genitori e la loro capacità a costruire un attaccamento genitore/figlio. Si parla, ormai, del c.d. genitore psicologico: colui che con continuità assolve alla necessità sentita da psicologicamente e fisicamente da un bambino di avere un genitore, condividendo vicinanza, contatti giochi e scambi.
Sono stati introdotti molti protocolli per poter intervenire con un approccio adeguato si averso il minore sia verso i genitore e bilanciare correttamente le situazioni concrete.
La c.d. PASS, alienazione parentale, infatti, di cui tanto oggi si parla è uno strumento ideato per far luce su debolezze nelle abilità consapevoli e punti di forza a cui un genitore ricorre di fronte a soluzioni concernenti l’accudimento dei figli. Lo strumento da solo però non basta.

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