L’effetto distorsivo causato dalle Fake news ha ormai una rilievo dilagante.
Le radici di questo problema sono da ricondurre al ruolo die canali di informazione. Ormai, le notizie vengono trasmesse dai c.d. new media, i social network; vengono degradati gli old media, ossia, telegorinali, radio, ecc. In questo quadro dilagano le fake news. Le informazioni vengono prodotte così dal flusso di contenuti generati dall’utente attraverso le piattaforme on line da soggetti non professionisti. I fatti obiettivi diventano così meno influenti di quelli emotivi, delle convinzioni personali lanciate nel web da chicchesia.
Si parla in gergo di post-verità.
La garanzia offerta dalla costituzione all’art. 21, prevede la libera manifestazione del pensiero, e non si estende alle notizie false. Nello specifico, le affermazioni false non sono ricomprese nella nella garanzia costituzionale dell’art. 21 e non sono altresì vietate. Sono vietate e puntie solo in relazione ad un bene giuridico protetto che giustificherebbe la limitazione della libertà di espressione.
Come difendere la corretta informazione? Come regolamentare il fenomeno fake news?
Tra le iniziative portare avanti nel contesto istituzionale, l’unica portata a compimento è la “dichiarazione dei diritti di internet”(http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/commissione_internet/dichiarazione_dei_diritti_internet_pubblicata.pdf)

Tale dichiarazione è fondata sul “riconoscimento della libertà, dignità, eguaglianza di ogni persona”….questa garanzia è necessaria per garantire il corretto funzionamento delle istituzioni e internet è lo spazio sempre più importante nel quale le persone si organizzano”.
I disegni di legge sino a qui proposti presentano molte criticità. Il d.d.l. Gambaro parte dal concetto che chiunque può dire ciò che vuole in internet  sulla base della liberà di espressione, ma il pubblico potrebbe prendere per vere notizie false. Il problema non è la falsa notizia ma la velocità della sua circolazione. Individuare strategie di censura determinerebbe una contrazione dell’offerta informativa. Viene individuato un quadro repressivo che di fatto non può essere un rimedio alla responsabilizzaizone degli utenti in rete e tra l’altro, non specifica se le disposizioni a tutela dell’inquinamento dell’opinione pubblica sono applicabili ai professioniti e anche ai social network. Interessante questione e quella della rettifica in merito alla fake news.  Si menziona la possibilità di un procedimento pubblico-privato di controllo sulla notizia e restando a carico del gestore della piattaforma informatica la fase esecutiva di rettifica. Anche il progetto Zanda Filippin  individua il ruolo censorio in capo al privato gestore, che si risolve in una censura che dipende dalle scelte operate dal gestore.
L’enormità del fenomeno fake news ha indotto a pensare ad un rimedio c.d. red button. Strumento attraverso il quale, vengono valutati i contenuti, segnalati direttamente dagli utenti, esperti della Polizia Postale. L’utente può segnale una potenziale falsa notizia non in via anonima, attraverso il red button. Anche questa soluzione affidata al centro anticrimine informatico attribuisce una competenza che non è propria dei soggetti preposti, alimentando sfiducia nella informazione.
L’utente, per difendersi, dovrà quindi essere attento e fidarsi dei soli professionisti di un determinato settore e scegliere siti sicuri, come indicato anche dalla nuova normativa sulla privacy (Privacy & Cookie policy).

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